Ogm: cosa aspetta il Governo ad agire?
Tema trattato: OGM
Fonte: Greenpeace
05/07/2013 -
Continua la battaglia per evitare che la bravata di Giorgio Fidenato non diventi una catastrofe e oggi Greenpeace sarà davanti alla sede di rappresentanza del ministero della Salute per chiedere al Ministro Lorenzin di firmare finalmente il decreto - pronto da tempo - per bloccare gli Ogm a tutela della biodiversità e dell’agricoltura italiana.
Vi rinfreschiamo la memoria: il 15 giugno l’agricoltore Giorgio Fidenato ha seminato a Vivaro (in Friuli) una partita importante (6000 mq) di mais Ogm, il MON810 della Monsanto. Il rischio, oltre alla contaminazione di colture convenzionali e bio, è che l’operazione venga ripetuta in altre Regioni. Nonostante le numerose dichiarazioni, ancora nessuno dei Ministri competenti ha adottato misure idonee a bloccare la contaminazione in corso e a vietare definitivamente la coltivazione di Ogm in Italia.
Vi ricordiamo che sia il Senato sia la Camera hanno firmato mozioni unitarie per impegnare il Governo a vietare la coltivazione di Ogm. I Ministri De Girolamo, Orlando e Lorenzin sono le autorità in grado di procedere in materia. In particolare, sulla scrivania del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, sosta da settimane il dossier che permettere l’adozione di misure emergenziali per fermare queste semine. Grazie all’impegno della task force Liberi da Ogm, in pochi giorni, attraverso il sitowww.StopOgm.org, oltre 55 mila persone hanno inviato un messaggio chiaro al ministro della Salute. Per farlo, al Ministro Lorenzin basta firmare il decreto che attiva le misure di emergenza contro il mais MON810, così da vietarne la coltivazione e tutelare il modello economico e sociale di sviluppo dell'agroalimentare italiano.
«Cosa aspetta il ministro ad agire? Non rimane molto tempo prima che le piantine di mais giungano a fioritura e quindi alla fase impollinazione con tutti i rischi che ne conseguono. Per non parlare di quello di emulazione»
Gli Ogm in campo agroalimentare rimangono un mercato di nicchia, in gran parte limitato al continente americano. L'80 per cento circa delle colture Gm è limitata a quattro Paesi - Stati Uniti, Brasile, Argentina e Canada, mentre in Europa non riescono a farsi strada. La Spagna è l'unico Paese dove persiste una vera e propria coltivazione di mais Gm, mentre l’agricoltura biologica è in costante aumento nel vecchio continente. Che cosa c’entrano dunque queste colture con il nostro modello di produzione agricola basata sulla tipicità e la qualità? Cosa c’entrano con la richiesta dei consumatori italiani che vogliono prodotti sani, che rispettino la nostra diversità?
Dopo 16 anni di commercializzazione, tre quarti delle colture gm in campo sono progettate per essere tolleranti agli erbicidi prodotti dalle stesse aziende che le commercializzano. Non incrementano le rese, ma l'uso di prodotti chimici e fanno aumentare i profitti e il controllo sul cibo di una manciata di multinazionali.
«Non si tratta della solita polemica Ogm sì, Ogm no. Si tratta di decidere sul futuro del nostro cibo e della nostra agricoltura. L’Italia vive della qualità dei suoi prodotti che non è fatta di numeri, sigle e resistenza a malattie o erbicidi. La qualità è fatta di legami con un territorio, relazioni con la cultura di una comunità, coerenza con un determinato clima, sapienze antiche sulle quali innestare innovazione e creatività, identità. Cosa c’entra tutto questo con le coltivazioni geneticamente modificate?»
Vi rinfreschiamo la memoria: il 15 giugno l’agricoltore Giorgio Fidenato ha seminato a Vivaro (in Friuli) una partita importante (6000 mq) di mais Ogm, il MON810 della Monsanto. Il rischio, oltre alla contaminazione di colture convenzionali e bio, è che l’operazione venga ripetuta in altre Regioni. Nonostante le numerose dichiarazioni, ancora nessuno dei Ministri competenti ha adottato misure idonee a bloccare la contaminazione in corso e a vietare definitivamente la coltivazione di Ogm in Italia.
Vi ricordiamo che sia il Senato sia la Camera hanno firmato mozioni unitarie per impegnare il Governo a vietare la coltivazione di Ogm. I Ministri De Girolamo, Orlando e Lorenzin sono le autorità in grado di procedere in materia. In particolare, sulla scrivania del ministro della Salute Beatrice Lorenzin, sosta da settimane il dossier che permettere l’adozione di misure emergenziali per fermare queste semine. Grazie all’impegno della task force Liberi da Ogm, in pochi giorni, attraverso il sitowww.StopOgm.org, oltre 55 mila persone hanno inviato un messaggio chiaro al ministro della Salute. Per farlo, al Ministro Lorenzin basta firmare il decreto che attiva le misure di emergenza contro il mais MON810, così da vietarne la coltivazione e tutelare il modello economico e sociale di sviluppo dell'agroalimentare italiano.
«Cosa aspetta il ministro ad agire? Non rimane molto tempo prima che le piantine di mais giungano a fioritura e quindi alla fase impollinazione con tutti i rischi che ne conseguono. Per non parlare di quello di emulazione»
Gli Ogm in campo agroalimentare rimangono un mercato di nicchia, in gran parte limitato al continente americano. L'80 per cento circa delle colture Gm è limitata a quattro Paesi - Stati Uniti, Brasile, Argentina e Canada, mentre in Europa non riescono a farsi strada. La Spagna è l'unico Paese dove persiste una vera e propria coltivazione di mais Gm, mentre l’agricoltura biologica è in costante aumento nel vecchio continente. Che cosa c’entrano dunque queste colture con il nostro modello di produzione agricola basata sulla tipicità e la qualità? Cosa c’entrano con la richiesta dei consumatori italiani che vogliono prodotti sani, che rispettino la nostra diversità?
Dopo 16 anni di commercializzazione, tre quarti delle colture gm in campo sono progettate per essere tolleranti agli erbicidi prodotti dalle stesse aziende che le commercializzano. Non incrementano le rese, ma l'uso di prodotti chimici e fanno aumentare i profitti e il controllo sul cibo di una manciata di multinazionali.
«Non si tratta della solita polemica Ogm sì, Ogm no. Si tratta di decidere sul futuro del nostro cibo e della nostra agricoltura. L’Italia vive della qualità dei suoi prodotti che non è fatta di numeri, sigle e resistenza a malattie o erbicidi. La qualità è fatta di legami con un territorio, relazioni con la cultura di una comunità, coerenza con un determinato clima, sapienze antiche sulle quali innestare innovazione e creatività, identità. Cosa c’entra tutto questo con le coltivazioni geneticamente modificate?»
Nessun commento:
Posta un commento